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Una notte in cima all’antenna RAI: il sogno folle di un bambino nisseno diventato realtà a 50 anni. Il video

Redazione

Una notte in cima all’antenna RAI: il sogno folle di un bambino nisseno diventato realtà a 50 anni. Il video

Dom, 22/06/2025 - 12:02

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Caltanissetta – Era la notte tra il 20 e il 21 giugno del 2018. Una data qualunque per molti, ma non per lui, un nisseno poco più che cinquantenne, che decise di realizzare un sogno coltivato per tutta la vita: salire in cima all’antenna RAI di Sant’Anna. Una scalata vera, clandestina, audace e pericolosa, ma intrisa di quell’infantile meraviglia che ancora sa accendere gli occhi anche in età adulta.

Un racconto inedito, donato alla nostra redazione da un misterioso protagonista che ha voluto rimanere nell’anonimato, per ovvie ragioni legate alla delicatezza – e all’illegalità – del gesto. Un’impresa vissuta in solitaria, custodita per anni nel silenzio, e oggi affidata alle parole con il pudore di chi sa di aver compiuto qualcosa di pericoloso ma profondamente umano.

L’antenna RAI, inaugurata nel 1951 e con i suoi 286 metri tra le più alte d’Europa, è da sempre un punto di riferimento per la città. Visibile da ogni angolo, ha segnato per generazioni un senso di orientamento e di appartenenza. Chi partiva per il mare negli anni Settanta, la cercava al ritorno come un segnale inequivocabile di “essere tornati a casa”. E nell’immaginario giovanile, quell’immensa struttura ha rappresentato anche un simbolo di sfida, di sogno, di trasgressione.

Negli anni si sono rincorse voci, racconti, leggende. Scalate notturne compiute da giovani coraggiosi o incoscienti. Ma questa volta, la redazione ha raccolto una testimonianza vera, diretta, inedita. Un uomo che ha deciso di raccontare la sua impresa con lucidità e consapevolezza: “Sapevo che stavo facendo qualcosa di sbagliato – dice – ma il desiderio era troppo forte. Era il sogno di tutta una vita”.

Nessuna preparazione fisica, solo settimane di studio mentale. Un sopralluogo per trovare un punto d’accesso: un buco nella recinzione già presente, probabilmente tracciato da altri prima di lui. Poi la notte scelta con attenzione, in assenza di vento. L’equipaggiamento era minimo: caschetto con GoPro, due torce, zainetto con banane, acqua e Red Bull. E pantaloni mimetici, come a voler entrare nel personaggio di chi sta per affrontare l’Everest.

Alle due del mattino ha avuto inizio la scalata. I tralicci, già nel 2018, erano segnati dal tempo: ruggine e vibrazioni li rendevano ancora più minacciosi. Le piattaforme intermedie sono servite come punti di riposo. Ogni segmento era una nuova prospettiva sulla città, che si apriva sotto i suoi piedi mentre la notte lentamente cedeva spazio all’alba.

Dopo due ore e mezza di salita, la vetta. “Lì ho avuto un momento di panico – racconta – sentivo l’oscillazione della struttura, il sibilo del vento che accarezzava i cavi. Era irreale”. L’alba svelava un paesaggio mozzafiato: dall’Etna al cuore della Sicilia, mentre le luci della città ancora brillavano come in un sogno.

La discesa, iniziata dopo un lungo periodo di riposo, è stata ancora più difficile: “In salita vedevo la meta, in discesa vedevo il vuoto”. Stanco, scosso, ma lucido, ha raggiunto la base dell’antenna intorno alle 6:30 del mattino.

“È stato un gesto irresponsabile, lo so – ammette – ma è stato anche il coronamento di un sogno nato da bambino. Non lo dimenticherò mai”. Quell’impresa solitaria, mista di follia e poesia, oggi acquista un significato quasi simbolico, in un momento in cui la città torna a riflettere sull’identità e sul destino dell’antenna RAI.

Una storia vera, che per anni è rimasta custodita nel silenzio. Un gesto ai limiti dell’incoscienza, ma anche profondamente umano. Un’avventura notturna che ha il sapore dei sogni coltivati da intere generazioni di nisseni, cresciuti con lo sguardo rivolto verso quell’antenna che da sempre sorveglia la città.

Oggi, quel racconto non è solo una curiosità da tramandare, ma un frammento autentico dell’identità collettiva. Ma è doveroso dirlo chiaramente: quanto accaduto è un gesto pericoloso, assolutamente da non emulare. Lo sottolinea più volte lo stesso protagonista, consapevole di aver messo seriamente a rischio la propria vita. “È stata una grande fesseria – confessa – e il rischio era enorme. Non è qualcosa che rifarei. Ma era il mio sogno da bambino. E adesso posso dire che l’ho vissuto”.